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Trento, 12 febbraio 2013 Non conosco personalmente Silvano Grisenti, credo di essere tra i pochi trentini e trentine a non aver mai scambiato nemmeno due parole con l’ex assessore margheritino, non è capitato. Ho seguito però da vicino, come tutti i trentini, la sua parabola politica e la sua vicenda giudiziaria, che non mi permetto di giudicare, lo fa la magistratura e in uno Stato di Diritto è ciò che deve avvenire. Anche se in Italia la magistratura deve spesso, suo malgrado, svolgere un ruolo supplente, perché la politica non è in grado di porre un freno a comportamenti poco consoni se non addirittura illegali. Non è questo il caso, non nel caso Grisenti, mentre nei confronti di altri politici con condanne passate in giudicato, la comunità trentina è stata molto più che indulgente. La vicenda Grisenti è diversa, perché la politica ha tentato con un congresso di partito prima (chi non ricorda la famosa svolta etica di Dellai) e il distaccamento forzoso all’A22 poi, di arginare i metodi per così dire «debordanti» del suo potente ex assessore, il quale per tutta risposta si esibiva in prove di forza muscolari, facendo intendere che il suo potere non era affatto in declino. Parte delle accuse del passato avranno un altro procedimento, rimane una condanna per truffa, che per entità economica pare non essere particolarmente rilevante, tanto da permettere ad un politico navigato come Grisenti un’auto assoluzione politica piena, senza mai porsi un problema di etica o di opportunità del suo rientro. «Perché vuole tornare?», gli è stato chiesto nelle numerose interviste e soprattutto «Per fare che cosa?». La risposta dell’uomo-galleria è stata ancor più imbarazzante della vicenda in sé, la risposta badate bene, non l’uomo, i suoi trascorsi, noti a tutti, la magnadora, i sindaci, l’Upt e via discorrendo. Personalmente mi ha colpita la sua risposta. «Torno - ha dichiarato con il sorriso rubicondo d’ordinanza - perché voglio bene alla mia terra, torno per riavvicinare alla politica i trentini disaffezionati al palazzo in questi anni». Allora se questo è veramente il bene che lei vuole alla sua terra, da trentina le dico caro geometra Grisenti che possiamo fare tranquillamente a meno del suo bene. Possiamo fare tranquillamente a meno di accomunare il Trentino a tutte le altre province d’Italia, dove politici che hanno avuto comportamenti opachi o commendevoli, tornano tranquillamente al loro posto, con tanto di festa per il ritorno del figliol prodigo. Con la disoccupazione alle stelle, aziende che muoiono come mosche, qualche cittadino trentino che inizia a bussare all’Opera Bonomelli, molti giovani emigrati in cerca di lavoro come negli anni nei primi del 900, di tutto abbiamo bisogno, caro geometra, tranne che delle ubriacature edificatorie anni 2000, delle gallerie ormai desolatamente vuote di traffico e delle numerose rotatorie, una ogni 5 minuti. Di tutto abbiamo bisogno fuorché di una politica un tanto al chilo, del pragmatismo spicciolo, della politica delle amicizie invece che dei diritti e dei doveri, o dei finanziamenti paternalistici ai sindaci amici. Perché se l’Italia (e il Trentino che pur con uno Statuto di Autonomia fa parte dello Stato Italiano) sta andando in default è proprio per il degrado di una politica senza respiro materiale, perché soffocata dal cemento e senza respiro ideale, perché totalmente vuota di contenuti etici, morali, ambientali, intellettuali e valoriali. Se veramente ama la sua terra lasci perdere, signor Grisenti, la polisportiva del sobborgo di turno sopravviverà, anche senza il suo solerte, efficientissimo, amorevole interessamento. Elena Baiguera Beltrami
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